12 marzo 2015

Contratti di agenzia: clausole sui minimi di affari alla luce della recente giurisprudenza

di lettura

Una clausola molto frequente nei contratti di agenzia è quella di prevedere in capo all’agente un obbligo di trasmettere, nel corso di ciascun anno e/o altro periodo determinato, ordini che diano luogo alla conclusione di contratti di vendita per una cifra non inferiore ad un importo e/o un quantitativo di merce determinato, solitamente indicato in un allegato al contratto (c.d. minimo d’affari).

Contratti di agenzia: clausole sui minimi di affari alla luce della recente giurisprudenza

Di regola il mancato raggiungimento del minimo pattuito implica, almeno ove il livello di fatturato da raggiungere sia stato determinato in modo realistico ed equo, un inadempimento dell’agente al suo dovere di promozione delle vendite nella zona e di sviluppo della clientela.

Solitamente nei contratti di agenzia, le parti, quando pattuiscono un minimo d’affari, disciplinano anche le conseguenze in caso di mancato raggiungimento da parte dell’agente del minimo d’affari.

Conseguenze del mancato raggiungimento dei minimi d’affari

Le conseguenze più tipiche previste dalle parti per il caso di mancato raggiungimento dei minimi d’affari da parte dell’agente sono la possibilità per il preponente, a sua scelta, di:

  • risolvere il contratto con effetto immediato;
  • far venir meno l’esclusiva;
  • ridurre l’estensione del territorio, eliminando ad esempio quelle zone in cui l’agente ha trasmesso meno ordini.

Finalità dei minimi di fatturato

La finalità della previsione contrattuale di minimi di fatturato è quella di consentire al preponente, in caso di mancato raggiungimento dei fatturati pattuiti, di liberarsi dal vincolo contrattuale con l’agente o dall’esclusiva conferita a quest’ultimo, al fine di non ritrovarsi precluso un mercato che invece potrebbe dare risultati migliori.

Relativamente alla facoltà di risolvere il contratto con effetto immediato e dunque senza preavviso, per mancato raggiungimento dei minimi, si possono seguire due distinte impostazioni:

  • clausola di risoluzione per giusta causa di recesso in tronco: le parti possono prevedere che il mancato raggiungimento dei minimi costituisca giusta causa di recesso in tronco.
  • clausola risolutiva espressa: le parti posso prevedere che il mancato raggiungimento dei minimi costituisca motivo di risoluzione del contratto ai sensi dell’art. 1456 c.c. (clausola risolutiva espressa).

Tali clausole, nell’ambito di un contratto di agenzia, hanno una portata e delle implicazioni diverse che è opportuno conoscere all’atto della redazione del contratto.

Risoluzione per giusta causa di recesso in tronco

Il rapporto di agenzia può essere risolto per giusta causa, senza preavviso, in virtù dell’applicazione analogica a tale contratto dell’art. 2119 c.c. previsto in materia di lavoro subordinato.

Si considera giusta causa di recesso immediato qualsiasi violazione degli obblighi contrattuali di gravità tale da non consentire la prosecuzione anche provvisoria del rapporto contrattuale su una base di una fiducia reciproca (ai sensi dell’art 2119 c.c. pacificamente considerato applicabile per analogia nell’ambito dei contratti di agenzia).

Nel caso si preveda contrattualmente che il mancato raggiungimento dei minimi comporti la risoluzione per giusta causa del contratto di agenzia, affinché la risoluzione possa dirsi legittima, si tratterà di valutare caso per caso la gravità dell’inadempimento.
In applicazione di tali principi, soltanto qualora il mancato raggiungimento dei minimi da parte dell’agente sia considerato un inadempimento di gravità tale da non consentire la prosecuzione anche provvisoria del rapporto contrattuale su una base di una fiducia reciproca, potrà risolversi il contratto senza preavviso e senza corresponsione dell’indennità ex art. 1751 c.c.

Ove non si ravvisi l’esistenza di motivi sufficienti per giustificare il recesso in tronco, la parte recedente sarà invece tenuta al rispetto dei termini di preavviso e comunque alla corresponsione dell’indennità di risoluzione del rapporto.

La clausola risolutiva espressa

La possibilità di pattuire una clausola risolutiva espressa è espressamente sancita, per i contratti in generale, dall’art. 1456 c.c. :

"I contraenti possono convenire espressamente che il contratto si risolva nel caso che una determinata obbligazione non sia adempiuta secondo le modalità stabilite."

In questo caso, la risoluzione si verifica di diritto quando la parte interessata dichiara all’altra che intende valersi della clausola risolutiva.
Tale clausola opererebbe dunque indipendentemente dalla gravità dell’inadempimento.

Si ritiene infatti che, quando viene pattuita una clausola risolutiva espressa, poiché le parti nella loro autonomia e libertà contrattuale hanno voluto preventivamente valutare l’importanza di un inadempimento, facendone discendere la risoluzione del contratto senza preavviso, il giudice non possa compiere alcuna indagine sull’entità dell’inadempimento stesso, ma debba unicamente accertare se esso sia imputabile al soggetto obbligato quanto meno a titolo di colpa, che peraltro si presume, ex art. 1218 c.c..
Applicando tali principi al contratto di agenzia, in caso di pattuizione di una clausola risolutiva espressa per mancato raggiungimento dei minimi di fatturato, il preponente potrà avvalersi della clausola risolutiva per risolvere immediatamente il contratto di agenzia. Qualora poi l’agente contesti la legittimità della risoluzione, il giudice si limiterà ad accertare che il mancato raggiungimento dei minimi sia imputabile all’agente, mentre sarà onere dell’agente provare l’esistenza di eventuali cause giustificative del mancato adempimento (ad es. dovrà provare che il mancato raggiungimento dei minimi d’affari non dipenda dalla sua attività di promozione, ma piuttosto da fattori estranei o da circostanze imputabili al preponente quali ad es. qualità e prezzo dei prodotti, andamento del mercato, disponibilità del preponente ad accettare ed eseguire tempestivamente gli ordini).

La legittimità della clausola risolutiva espressa nei contratti di agenzia può dirsi ormai pacifica.

Pertanto, la scelta di inserire una clausola risolutiva nel contratto di agenzia per il caso di mancato raggiungimento di minimi d’affari può sembrare una scelta più efficace che non la scelta di prevedere una clausola di risoluzione per giusta causa, in quanto in quest’ultimo caso il preponente potrà risolvere il contratto di agenzia solo qualora il mancato raggiungimento di minimi possa essere considerato grave.

Tuttavia, di recente, l’operatività di diritto, indipendentemente dalla valutazione della gravità dell’inadempimento, della clausola risolutiva espressa nei contratti di agenzia è stata messa in dubbio, soprattutto con riguardo alla disciplina del recesso con preavviso dettato per i contratti di agenzia dall’art. 1750 c.c.

Clausola risolutiva espressa e preavviso dovuto all’agente


In caso di pattuizione di una clausola risolutiva espressa, che come visto sopra opera indipendentemente dalla gravità dell’inadempimento, ci si è domandati se tale clausola fosse compatibile con la previsione di un obbligo di preavviso ex art. 1750 c.c. III e IV comma:

"3. Il termine di preavviso non può comunque essere inferiore ad un mese per il primo anno di durata del contratto, a due mesi per il secondo anno iniziato, a tre mesi per il terzo anno iniziato, a quattro mesi per il quarto anno, a cinque mesi per il quinto anno e a sei mesi per il sesto anno e per tutti gli anni successivi.
4. Le parti possono concordare termini di preavviso di maggiore durata, ma il preponente non può osservare un termine inferiore a quello posto a carico dell’agente"

Questo non significa ovviamente che nei contratti di agenzia non è ammissibile la risoluzione del contratto senza preavviso. Tale facoltà si ritiene possa essere esercitata nei rapporti di agenzia applicando analogicamente l’art. 2119 c.c. e dunque in presenza di una giusta causa di recesso in tronco.

Mentre, come visto sopra, la previsione dell’art. 1750 c.c. della facoltà delle parti di recedere con preavviso dal rapporto di agenzia non esclude la facoltà di recedere senza preavviso a condizione che ricorra una giusta causa, nel caso di clausola risolutiva espressa applicata ad un contratto di agenzia, ci si pone il problema se il giudice possa valutare l’importanza dell’inadempimento.

La giurisprudenza maggioritaria sul punto ha sempre ritenuto che il disposto di cui all’art. 1750 c.c. non impedisce alle parti la stipulazione della clausola risolutiva espressa di cui all’art. 1456 c.c.

Conseguentemente "ove le parti abbiano preventivamente valutato l’importanza dei un determinato inadempimento facendone discendere la risoluzione del contratto senza preavviso, il giudice non può compiere alcuna indagine sull’entità dell’inadempimento stesso rispetto all’interesse della controparte, ma deve solo accertare se esso sia imputabile al soggetto obbligato quantomeno a titolo di colpa" (Cass. 4.10.2013 n.22722; Cass. 13076/2009; Cass. 5.06.2009 n. 13076  Cass. 4659  del 2002; Cass. Civ. 2.05.2006 n. 10092; Cass. 14.06.2002 n. 8607; Cass. 16.04.1992 n. 4659; Cass. 27.08.1987 n. 7063; cfr. prospetto)

A fianco di tale orientamento si ravvisa un recente sviluppo giurisprudenziale, non maggioritario, ma comunque da non sottovalutare, che ritiene che il giudice, anche in presenza di una clausola risolutiva espressa, debba comunque procedere ad una valutazione della gravità dell’inadempimento e conseguentemente ritiene la clausola idonea a legittimare un recesso senza preavviso, solo in presenza di un inadempimento che integri una giusta causa, cioè che non consenta la prosecuzione anche provvisoria del rapporto (Cass. 18.05.2011 n. 10934; Trib. Bari 16.01.2014; Trib. Bari 2.05.2012).
Tale orientamento si basa sulla considerazione che la clausola risolutiva non debba comunque portare a giustificare un recesso senza preavviso in situazioni concrete che a norma di legge non legittimerebbero un recesso in tronco. In particolare, le sentenze citate ritengono che la nozione di giusta causa non dovrebbe essere derogabile dalle parti, perché la contraria conclusione attribuirebbe alle parti stesse la facoltà di incidere in senso limitativo su quel quadro di tutele normative minime delineato dal legislatore.
Da ciò consegue che una clausola risolutiva espressa può ritenersi legittima solo nei limiti in cui non venga a giustificare un recesso senza preavviso in situazioni concrete a norma di legge non legittimanti un recesso in tronco. Conseguentemente, in presenza di una clausola risolutiva espressa, il Giudice è tenuto a verificare se sussista un inadempimento dell’agente integrante giusta causa di recesso.

In queste, per ora, isolate ipotesi, nonostante la previsione della clausola risolutiva espressa è stato riconosciuto il diritto al preavviso dell’agente e il Giudice ha valutato che non costituisse giusta causa di recesso in tronco:

- il mancato raggiungimento di standard di fatturato irrealistici -nel caso di specie era stato pattuito il triplo di quanto richiesto negli anni precedenti- (Cass. 18.05.2011 n. 10934).

- Il mancato raggiungimento dei target di fatturato, quando negli anni precedenti era invece stato tollerato dal preponente e giustificato dall’agente come dovuto all’adozione per l’anno in questione di una politica di prezzi troppo elevata e contestata dall’agente nel corso del rapporto; (Trib. Bari 2.05.2012);

Viceversa, è stato riconosciuto, giusta causa di recesso in tronco, il mancato raggiungimento di nemmeno la metà del minimo d’affari pattuito (Trib. Milano 18.11.2013).

Clausola risolutiva espressa ed indennità di risoluzione

Infine, per completezza occorre precisare che, la clausola risolutiva espressa non esclude la corresponsione di un’indennità di risoluzione all’agente, dovendosi comunque procedere a valutare ex art. 1751 c.c. se l’inadempimento costituisce un inadempimento imputabile all’agente talmente grave da non consentire la prosecuzione nemmeno provvisoria del rapporto.
Alla luce della disposizione citata, non derogabile dalle parti, non basta un inadempimento, anche grave dell’agente, ma occorre che questo sia di gravità tale da non consentire la prosecuzione anche provvisoria del rapporto. Conseguentemente, sia nel caso di pattuizione di una clausola che preveda la giusta causa di recesso in tronco, in caso di mancato raggiungimento di minimi d’affari, sia in caso di pattuizione di una clausola risolutiva espressa, occorrerà valutare, ai sensi dell’art. 1751 c.c., se il mancato raggiungimento di tali minimi è:

  • un inadempimento imputabile all’agente
  • e se è di una gravità tale da non consentire la prosecuzione nemmeno provvisoria del rapporto.

Ciò significa che possono presentarsi dei casi in cui è legittimo recedere dal contratto senza preavviso (ad es. per l’operare di una clausola risolutiva espressa e quindi senza che l’agente abbia diritto all’indennità di mancato preavviso), senza che però l’agente perda il diritto all’indennità.

Clausola risolutiva espressa e minimi d’affari nei contratti di agenzia: le pronunce più significative. Scarica il pdf.

Conclusioni

  • La scelta di prevedere una risoluzione per giusta causa comporterà, in caso di contestazione da parte dell’agente, una verifica da parte del giudice dell’importanza dell’inadempimento, nel caso concreto.
  • La scelta di prevedere una clausola risolutiva espressa potrebbe invece sembrare una scelta più efficace in quanto, ai sensi dell’orientamento prevalente, dovrebbe operare di diritto e pertanto senza procedere ad una verifica della gravità dell’inadempimento.
  • In ogni caso sarà importante, in sede di redazione di tali clausole, fare in modo che il raggiungimento del minimo d’affari sia individuato come una necessaria conseguenza di un obbligo dell’agente di promozione e sviluppo delle vendite a cui consegue, in caso di mancato raggiungimento, un inadempimento dell’agente, e non invece come un obiettivo oggettivo non dipendente dall’attività dell’agente.
  • Inoltre, nel momento in cui il preponente decida di avvalersi di tale clausola, sarà opportuno valutare attentamente se il mancato raggiungimento di minimi possa essere considerato sufficientemente grave, onde evitare contestazioni da parte dell’agente e rischi di dover corrispondere un’indennità di preavviso, dapprima non considerata.
  • Infine, se le parti, nel contratto, hanno solamente previsto un minimo d’affari, ma non hanno stabilito nulla in merito alle conseguenze del mancato raggiungimento dello stesso, si tratterà di valutare caso per caso la gravità dell’inadempimento accertando, se l’inadempimento possa dare luogo alla risoluzione del contratto per inadempimento, tenuto conto che, in base alle regole generali in materia di contratti "Il contratto non si può risolvere se l’inadempimento di una delle parti ha scarsa importanza, avuto riguardo all’interesse dell’altra" (art. 1455 c.c.), ovvero se il mancato raggiungimento del minimo concordato costituisca inadempimento di gravità tale da giustificare un recesso in tronco senza preavviso.

Avv. Mariaelena Giorcelli

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