4 aprile 2018

Il soggetto passivo certificato e la riforma dell’IVA comunitaria

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La Commissione Europea è impegnata nella riforma dell’IVA nell’ambito delle cosiddette operazioni intracomunitarie - transfrontaliere con l’obiettivo di introdurre il sistema definitivo IVA (l’attuale sistema definito transitorio è stato introdotto in Italia nel lontano 1993 con il DL 331/93 convertito nella L. 427/93). 

Il soggetto passivo certificato e la riforma dell’ IVA comunitaria

La proposta di riforma ha come obiettivo principale quello di contrastare le frodi e l’evasione IVA e si concretizzerà attraverso l’assoggettamento IVA delle operazioni intracomunitarie nel paese di origine – del cedente - ma con applicazione delle aliquote IVA previste dal Paese di destinazione dei beni, utilizzando il cosiddetto Sportello Unico -One Stop Shop (OSS), già utilizzato per i servizi digitali.

Soggetto Passivo Certificato

Il fulcro della riforma sarà comunque l’introduzione della figura del cosiddetto Soggetto Passivo Certificato – Certified Taxable Person (CTP) il quale potrà beneficiare di svariate misure di semplificazione, le prime già con decorrenza 1 ° gennaio 2019,  quali:

  • possibilità di poter continuare ad applicare l’inversione contabile - reverse charge nelle cessioni/acquisti intracomunitari (in maniera analoga al sistema attuale);
  • semplificazione delle operazioni “a catena” che coinvolgono più soggetti di diversi paesi UE;
  • semplificazione – estensione a tutti i paesi UE – delle regole relative al Consignment Stock o meglio Call-Off Stock.
  • nuove modalità di prova della movimentazione / trasporto dei beni tra due Stati membri (requisito indispensabile per l'applicazione del regime di non imponibilità IVA delle cessioni intracomunitarie)

Con riferimento a questo ultimo punto, di vitale importanza per le aziende, la proposta di regolamento COM(2017) 568 del 4.10.2017, prevede che quando i beni sono stati spediti o trasportati dal cedente, soggetto passivo certificato, direttamente o tramite terzi che agiscono per suo conto, si presume che i beni siano stati spediti o trasportati a partire dal Paese membro di partenza verso il Paese membro di arrivo, qualora il cedente sia in possesso di almeno due documenti (tra loro non contraddittori) tra quelli attestanti l'avvenuta spedizione o il trasporto quali:

  • i documenti firmati dall'acquirente o da una persona autorizzata ad agire per suo conto, che certificano l'avvenuta ricezione dei beni nello Stato membro di destinazione;
  • i documenti relativi al trasporto o alla spedizione dei beni, ad esempio un documento o una lettera CMR riportante la firma, una polizza di carico, una fattura di trasporto aereo, una fattura emessa dallo spedizioniere, una polizza assicurativa relativa al trasporto dei beni o i documenti bancari attestanti il pagamento del trasporto o della spedizione dei beni;
  • documenti ufficiali rilasciati da una pubblica autorità, ad esempio da un notaio, che confermano l'arrivo dei beni nello Stato membro di destinazione;
  • una ricevuta rilasciata nello Stato membro di destinazione che confermi il deposito dei beni in tale Stato membro;
  • un certificato rilasciato nello Stato membro di destinazione da un organo professionale di tale Stato membro, ad esempio da una camera di commercio o dell'industria, che conferma la destinazione dei beni;
  • un contratto stipulato tra il venditore e l'acquirente o un ordine di acquisto in cui figura la destinazione dei beni;
  • la corrispondenza tra le parti coinvolte nell'operazione in cui figura la destinazione dei beni;
  • la dichiarazione IVA dell'acquirente che denuncia l'acquisto intracomunitario dei beni.

Nell’ipotesi in cui l'acquirente è un soggetto passivo certificato e i beni sono stati trasportati o spediti direttamente da tale acquirente o da terzi che agiscono per suo conto, viene introdotta la presunzione secondo cui i beni possono essere considerati trasportati a partire dallo Stato membro di cessione ad un altro Stato membro qualora il fornitore sia in possesso di:

  1. una dichiarazione scritta dell'acquirente che certifica che i beni sono stati trasportati dall'acquirente o per suo conto e che riporta il nome dello Stato membro di arrivo dei beni (senza che sia tuttavia necessario indicare l'esatta destinazione, al fine di garantire la riservatezza riguardo alle attività dell'acquirente) e 
  2. due documenti non contraddittori (tra quelli indicati nell'elenco sopra riportato) che attestano il trasporto. 

La dichiarazione di cui al punto 1), che deve risultare protocollata dal fornitore, deve essere presentata entro il decimo giorno del mese successivo alla cessione. Tale periodo dovrebbe dare all'acquirente il tempo sufficiente per trasmettere le informazioni, senza superare il termine entro il quale il fornitore è tenuto a emettere una fattura (ovverosia, conformemente alle disposizioni di cui all'articolo 222 della direttiva IVA, entro il quindicesimo giorno del mese successivo alla cessione). 

L'Amministrazione finanziaria potrà contestare tali presunzioni soltanto se dispone di prove sufficienti per dimostrare che i beni non sono stati spediti o trasportati a partire dallo Stato membro di partenza verso lo Stato membro di arrivo. Come sopra anticipato, tali presunzioni troveranno applicazione per i soli operatori in possesso dello status di soggetto passivo certificato. Gli altri soggetti passivi dovranno quindi continuare a dimostrare l'avvenuto trasferimento dei beni con i consueti mezzi di prova.

A regime sarà nell’interesse di tutti gli operatori diventare ed avere rapporti commerciali con soggetti passivi certificati - CTP. Gli acquirenti potranno così continuare ad applicare il reverse charge mediante integrazione delle fatture dei propri fornitori senza avere alcun esborso finanziario relativo all’IVA; i cedenti-venditori potranno agevolmente provare l’avvenuta movimentazione della merce sostenendo il regime “non imponibile” utile a costituire il cosiddetto plafond degli esportatori abituali (possibilità di acquistare dai propri fornitori senza applicazione di IVA). 

La gestione e movimentazione a livello europeo sarà semplificata mediante utilizzo dei call-off stock (merce a magazzino del Cliente senza cessione avvenuta) e di requisiti minimi nelle operazioni triangolari-quadrangolari e a catena. Essere Soggetto Passivo Certificato potrà essere una garanzia e un certificato di qualità da sfruttare a livello marketing e commerciale. Alcune aziende o Gruppi multinazionali potranno “imporre”, tra gli altri, tale requisito per poter essere accreditati come fornitori.

Requisiti che definiscono l’affidabilità delle aziende dal punto di vista fiscale

I requisiti per le aziende per essere considerati affidabili da un punto di vista fiscale saranno:

  • Assenza di gravi o ripetute irregolarità fiscali e doganali ed essere in regola con il versamento delle imposte;
  • Avere la propria sede in un paese dell’Unione Europea;
  • Solvibilità finanziaria di bilancio e provata da soggetti terzi (banche, assicurazioni, ecc.);
  • Disporre di un efficiente sistema di controlli interni (procedure, software, certificazioni…).

Non potranno godere di questo status i soggetti forfettari o che adottato regimi agevolati. Saranno le autorità di ciascun Stato Membro a “certificare” i propri soggetti passivi in base al paese in cui è ubicata la sede dell’azienda con la collaborazione e supporto, specialmente per le piccole medie aziende-PMI, dei loro consulenti fiscali e del mondo Associativo. Questo probabilmente determinerà l’applicazione di 28 modalità diverse per ottenere la certificazione. Una volta ottenuta questa sarà valida in tutta la UE. A seguito della Brexit le società del Regno Unito non potranno accedere a tale status.

Ad oggi le norme procedurali comuni:

  1. Gli Stati membri sono obbligati a concedere a un soggetto passivo lo status di CTP quando le condizioni previste sono soddisfatte;
  2. In caso di rifiuto della domanda, gli Stati membri dovranno comunicare i motivi del rifiuto. Il soggetto passivo avrò il diritto di ricorso contro tale rifiuto;
  3. Una volta ottenuto lo stato CTP potrà essere revocato dalle autorità fiscali nazionali. I soggetti passivi avranno l'obbligo di informare senza indugio le autorità fiscali di qualsiasi evento che possa modificare il proprio status.

Le linee guida applicate a livello doganale per la certificazione dello status AEO - Authorized Economic Operator - saranno sicuramente utili e/o applicate anche per il CTP. I soggetti AEO potranno essere probabilmente CTP senza alcun ulteriore test di requisiti. Non sarà valido il contrario in quanto i requisiti AEO prevedono alcuni requisiti aggiuntivi come gli standard di sicurezza (AEOS) e gli standard pratici di competenza o qualifiche professionali (AEOC). Tuttavia lo status CTP sarà sicuramente preso in considerazione dalle autorità doganali in fase di certificazione AEO.

L’introduzione della “certificazione” CTP dovrà essere accompagnata da nuove regole e strumenti che dovranno guidare il rapporto Azienda Contribuente - Agenzia delle Entrate, basato principalmente su principi di: 

  • fiducia reciproca; 
  • comprensione e 
  •  trasparenza. 

In altre parole: entrambe le parti lavoreranno insieme. I controlli fiscali non potranno essere su quello che è avvenuto nel passato (anni passati normalmente 4/5 anni prima), ma su quello che avviene nel presente. Il sistema di controlli dovrà passare da un sistema cosiddetto “verticale” ad uno definito “orizzontale”. 

Le novità che entreranno in vigore dal 1 gennaio 2019 – con la fatturazione elettronica in prima linea - faciliteranno questo rapporto basato su informazioni e controlli del “presente” con il vantaggio di dare certezze agli operatori efficienti e con un’organizzazione efficace complicando però notevolmente le procedure di chi non potrà o vorrà esserlo.

Gian Luca Giussani

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