8 giugno 2018

La digital economy ai fini Iva

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Le regole fiscali sono ancorate a criteri tradizionali quali territorialità e fisicità che non sono applicabili ai nuovi business immateriali come quelli della digital economy. Nel mondo digitale, in alcuni casi, non è nemmeno semplice individuare chi effettui l’operazione e chi la riceva. Conseguentemente si pongono e si porranno grandi sfide alle Amministrazioni Finanziarie. 

La digital economy ai fini Iva

L’economia digitale si manifesta in multiformi tipologie ma può essere schematizzata in tre grandi aree: 

  1. commercio elettronico
  2.  le piattaforme multiparti
  3. le attività degli over the top.

La tassazione del commercio elettronico, ed in particolare quello diretto, è stata disciplinata parzialmente con l’introduzione del principio della tassazione a destinazione e con il regime opzionale Moss nel 2015. E’ stato equiparato il trattamento ai fini Iva delle operazioni B2C a quelle B2B. La riforma completa dell’e-commerce avverrà nel 2021 con la Direttiva UE 2017/2455 del 5 dicembre 2017 che regolamenterà anche il commercio elettronico indiretto. 

La seconda macro area riguarda le piattaforme multiparti, quali Uber, Airbnb che hanno soppiantato i settori economici tradizionali (nel settore trasporti, agenzie di viaggio, ecc.). Questa nuova forma di economia implica difficoltà oggettive nella disciplina del fenomeno, trattandosi di attività tradizionali facilitate dal Web. 

Le varie amministrazioni finanziarie rilevano tuttavia le maggiori difficoltà nella terza macro area, quella relativa ai cosiddetti over the top (google, facebook, twitter).  Nella fattispecie, gli utenti accedono gratuitamente sul sito web ma il vero business sono i “big data” e l’utilizzo degli stessi. Il vero problema nella fattispecie è la valorizzazione delle informazioni scambiate tramite social network.  

L’economia digitale nel suo complesso pone alle amministrazioni finanziarie diverse questioni.  Oltre al commercio elettronico, alle piattaforme multi parti e agli over the top, le autorità nazionali ed europee stanno monitorando le varie forme che la digital economy può assumere e spesso si trovano ad inseguire questi nuovi fenomeni con estremo ritardo. 

Criptovalute e Bitcoin

Le criptovalute ed in particolare i bitcoin sono un esempio in questo senso. L’argomento è stato riportato al centro dell’attenzione con la risposta dell’Amministrazione Finanziaria all’interpello 956-39/2018 (riguardava le imposte dirette). 

I bitcoin sono considerati una valuta, seppur virtuale, e come tali sono disciplinati con le regole Iva sul tema. Manca una disciplina fiscale puntuale sul fenomeno ma la sentenza C-264/14 della Corte Europea, ripresa in ambito domestico dalla Risoluzione 72/E/2016 ha chiarito che i bitcoin sono “moneta”, nel senso di mezzo di pagamento e la cessione di unità di valore virtuale in cambio di valuta tradizionale, che determina un margine di guadagno tra prezzo di vendita ed acquisto, è una prestazione a titolo oneroso. 

La suddetta prestazione rientrando tra quelle relative a monete con valore liberatorio, è esente sul piano Iva. L’equiparazione sostanziale tra Bitcoin e moneta legale apre nuovi scenari in relazione al trattamento di una serie di altri servizi, come il Digital Wallet e il Mining.  Sarà necessario capire se anche questi servizi possano godere dell’esenzione prevista per le operazioni finanziarie o debbano essere assoggettati ad Iva. 

Vendite digitali in EuropaDirettiva Vat UE 2017/2455 del 5.12.2017

Novità interessanti e alcune certezze giungono invece da Ecofin che ha approvato la Direttiva Vat UE 2017/2455 del 5.12.2017 che modifica la disciplina sulle vendite digitali in Europa. Si tratta di una vera e propria rivoluzione in due tappe, tra il 1° gennaio 2019 e il 1° gennaio 2021 che disciplinerà l’e-commerce.

Il commercio elettronico si distingue in e-commerce diretto ed e-commerce indiretto, a seconda delle modalità di consegna del bene o servizio della compravendita.

  • Nell’ e-commerce diretto tutte le fasi della transazione avvengono online e il prodotto viene scaricato telematicamente e l’operazione viene qualificata come prestazione di servizi;
  • nell’e-commerce indiretto invece l’ordine ed il pagamento avvengono on line, ma il bene viene materialmente spedito e fisicamente consegnato.    

Commercio elettronico diretto

Il commercio elettronico diretto, già disciplinato dal 2015 dalla Direttiva 2008/8/CE che prevedeva la tassazione a destinazione e l’equiparazione tra operazioni B2B e B2C, subirà delle modifiche di minore portata a decorrere dal 1 gennaio 2019, in particolare:

  • il prestatore di servizi digitali UE che non genererà almeno 10.000 Euro di volume d’affari in servizi verso consumatori ubicati in altri Stati Ue continuerà ad applicare l’Iva nello Stato dove è stabilito, anche sulle vendite di servizi a consumatori in altri Stati Ue;
  • vengono previste anche delle semplificazioni dei criteri di individuazione dello Stato membro di stabilimento del consumatore finale.   

Commercio elettronico indiretto

La vera rivoluzione avverrà nel comparto del commercio elettronico indiretto a decorrere dal 1 gennaio 2021.  

Verranno eliminate le soglie oggi in vigore (da 35.000 a 100.000 euro a seconda dei Paesi) che fanno scattare l’obbligo del venditore, cosiddetto a “distanza”, a dichiararsi ai fini Iva nel paese di consumo. 

L’Iva sulle vendite e-commerce ai consumatori europei sarà sempre dovuta nello stato di destinazione dei prodotti, a prescindere dal volume di affari generato nel singolo Paese (ad esclusione dei soggetti che non genereranno almeno 10.000 euro di volume d’affari di vendite a distanza infra Ue di prodotti, che continueranno ad applicare l’Iva dello Stato Ue da cui sono spediti i prodotti). 

Per evitare agli operatori di doversi identificare nei vari paesi in cui operano, i venditori potranno dichiarare e versare l’Iva nei singoli paesi tramite il Moss.

L’agevolazione prevista dal Moss è già in vigore dal 2015 per il commercio elettronico diretto e consente al cedente stabilito all’interno della UE di versare l’imposta in più Stati Ue, direttamente dal proprio Stato a prescindere dal luogo di destinazione del bene.  

Viene prevista l’eliminazione della soglia di esenzione all’importazione che in Italia è attualmente di 22 euro e viene introdotta una novità per le vendite a distanza di beni importati da Paesi terzi o territori terzi di valore fino a 150 euro.

In particolare, il venditore non stabilito in Europa, che vende i prodotti ai consumatori europei,potrà nominare un intermediario stabilito in Europa, che si occuperà di versare l’Iva per conto del venditore Extra Ue. Ai fini Iva il momento impositivo diventerà quello dell’acquisto on line e non invece dell’importazione fisica dei prodotti.

E’ stata inoltre prevista dalla Direttiva una responsabilità solidale ai fini dell’Iva da parte dei gestori di portali elettronici e di piattaforme on line (marketplaces), quando questi agiscono come intermediari nelle vendite a distanza. Le stesse piattaforme saranno considerate soggetti passivi ai fini Iva.    

Alberto Perani

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